GANZFELD

26 settembre 2006

Visto o sentito XII

Visto o sentito XII o "Chino alla descovierta del vuoto".
Una volta erano Deftones. E c'era un muro di suono su cui Chino si arrampicava e dalla vetta cantava il suo lamento, più o meno inkazzato. Quando il muro non c'era, il vento nei capelli del batterista dimostrava che era in costruzione.
Poi secondo me ha scoperto il vuoto. Cioè i vuoti. E quindi ha fatto, Chino dico, un altro gruppo, un parto incasinato, e ce li ha messi. Ha mantenuto, ma con più stile, le pose nu-epiche dei Deftones e si è pettinato i capelli come Bart quando va a messa.
Lo ha chiamato Team Sleep e lo ha fatto uscire l'anno scorso. Io l'ho scoperto solo oggi perche da in cima al muro non si vede una cippa, e in più c'è il vento.

25 settembre 2006

It's evolution, baby


La Chiesa dice che l'eutanansia è un percorso di morte.
Volevo capire se è un percorso di vita rinunciare a 14 anni di avere figli, facendosi prete cattolico.

Poi, io la penso così.

Io la vedo così:

da freddynietzsche.com:

Un uomo che vive a letto, paralizzato, senza speranza di tornare a una vita indipendente e capace di un livello di felicità che lui possa considerare dignitoso e soddisfacente, chiede al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che si riapra il dibattito sull’eutanasia. Napolitano acconsente e stimola il parlamento a farlo.
Pronti. Via.
Inizierà una fase in cui si dibatterà sul tema, forse ancora più violentemente di quando non si affrontò la fecondazione. Arriverà una pioggia di fuffa e il Foglio (che stimo e leggo per come è fatto, senza condividere nessuna crociata del direttore) diventerà il bollettino del salvataggio militante della vita, con tanto di intervista ai genitori di Terry Schiavo eccetera eccetera; ci saranno i preti, ci sarà il papa, ci saranno politici e soubrettine con la croce che pende in mezzo alle tette giganti, tutti allarmati in difesa del dono dell’esistenza, e useranno espressioni come “la gioia di un sorriso”; probabilmente una certa parte del dibattito, ai margini del panico sollevato al centro dei media, si soffermerà su concetti astratti, filosofici, altissimi, cosa sia vita e cosa sia morte, come si definisca la volontà di chi è già stato colpito dal male, cosa significhi il dolore: un calderone senza soluzione plausibile, perfetto per far passare la voglia; probabilmente a un certo punto della questione si estrarrà dal cilindro la carta del bambino innocente e si intervisteranno mamme di piccoli leucemici.
Insomma, il dibattito, che è assolutamente lecito e anzi obbligatorio, non sarà su come inserire questa possibilità in una norma seria, realistica e rispettosa delle componenti della società: sarà sì contro no. L’argomento è delicato e nessun mezzo è escluso, quindi si toccheranno le sensibilità di tutti con il vigore del cingolato.
Ma non siamo un paese retrogrado come a volte può sembrare, almeno non su queste cose che toccano la vita di tutti. Saranno meno, ma ci saranno, anche quelli che parleranno dell’assoluta incurabilità di alcune malattie, della piena disponibilità di sé come diritto inalienabile, e anche di particolari delicatissimi che cozzano con quel mostro ideologico detto buon gusto: la malattia vissuta come condanna lenta e inesorabile, l’umiliazione costante, i lamenti e le lacrime, il dolore e la terapia del dolore, l’incoscienza farmacologica e patologica, l’impotenza assoluta di chi è e di chi assiste.
Chi ha visto morire qualcuno con enormi e inutili sofferenze, chi ha a cuore l’argomento, si prepari al peggio. Sarà difficile vincere il desiderio di tirarsi indietro e lasciare che il canile mediatico se la sbrighi da solo.
Ma se anche a voi la causa pare giusta e meritevole, vediamo di esserci nonostante tutto.

20 settembre 2006

"Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo."

Trovo ripugnante che parte del mondo islamico, comprese figure di spicco, possano blaterare qualsiasi follia salvo impermalosirsi, uccidendo per vendetta, dopo aver srumentalizzato una frase del Papa.
Io, ateo e non battezzato colgo nell'attaco al Papa una profonda ingiustizia.
Riporto due stralci di due autori in proposito, uno di qua uno di là. Buonafortuna.

Adriano Sofri, La fede ragionevole, Repubblica.

Davvero il Papa è inciampato senza volere in quella citazione bizantina? Eskandalon, in greco, vuol dire questo: la pietra in cui si inciampa. Oportet, o no, che gli scandali avvengano? Secondo il Vangelo, è comunque inevitabile. Guai a chi li provoca, e se poi gli offesi sono i bambini, meglio sarebbe a chi li ha scandalizzati finire nell'abisso del mare con una macina da asino al collo. Ecco una prima, incresciosa domanda: i credenti musulmani, e le loro guide, vanno trattati come se fossero dei bambini? Non nel senso dell'avviso evangelico, che senza farsi piccoli come i bambini non si entrerà nel regno dei cieli: ma nel senso di una minorità che impedisca, per ora, di sapere e capire.
Tutti vedono come lo scandalo che sta per divampare sia, senza paragone più drammatico, la ripetizione di quello delle vignette blasfeme. A quel tempo pensai che una vicenda così grottesca e dalle conseguenze così enormi - devastazioni e morti - fosse dopotutto, passatemi la parola, provvidenziale, a mostrare a che filo irrisorio fosse legata la convivenza fra i modi di vita, la pace del mondo. E quale pretesto potesse fare da scintilla alla furia che preme sotto la pelle del pianeta. Altro che diritto alla satira, altro che valutazione della migliore o peggior qualità delle vignette: c'era un'idea di normalità e di libertà opposta a un'intolleranza aggressiva. La si volle esorcizzare con quella ipocrisia prudente: tener conto della sensibilità, meglio, della permalosità dei musulmani. (Infatti ormai abbiamo dimenticato quella bella nozione secondo cui esistono tanti islam quanti sono i musulmani, e li trattiamo all'ingrosso, e nella versione più rigida). Oltretutto è il momento di ripensarci, alla guerra mondiale per le vignette, mentre è aperta a Teheran la mostra-concorso mondiale per le più belle caricature antisemite._Un nuovo capitolo che ripercorra il copione - sdegno dei portavoce, intimazione a chiedere scusa, mobilitazione delle piazze, votazioni di consessi religiosi e politici, assalti a luoghi simbolici e persone - sostituendo ai disegnatori danesi il Papa: ecco la misura vera dell'orlo sul quale ci sporgiamo. Ancora più grottesco, se si ricordi che alla vigilia il Papa aveva sorprendentemente dedicato a quell'episodio apparentemente placato, le vignette «blasfeme», una deplorazione del «dileggio del sacro» diffuso nel nostro mondo. Ora lo scandalo è avvenuto: vedremo quali confini saprà darsi, ma è chiaro fin da ora che il passo più triste sarebbe un mea culpa della Chiesa, o qualche suo pasticciato equivalente._E' escluso, per chiunque abbia la testa sulle spalle, che il Papa si sia proposto di suscitare una simile reazione, o anche l'abbia soltanto messa nel conto. Questo mostra oltretutto che enorme distanza separi quello che agli uni sembra naturale e logico da quello che ad altri suona sanguinosamente oltraggioso. segue

Daniele Bellasio, Il Foglio.
Cari maestri laici, liberali, radicali e libertari, cari Giustizia e libertà, cari indignati in punta di penna, cari cultori della società aperta, cari gobettiani, cari voltairiani e affini, cari “disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”, cari “serve il dialogo”, dove siete? Ancora in coda di ritorno da Capalbio o da qualche convegno vicino a Harvard sulla società aperta? Per questo non vi accorgete di che cosa sta accadendo? Stanno uccidendo, anzi, si sta suicidando la libertà di pensiero e di parola, e il silenzio assenso liberale e libertario sta scavando la fossa.
Perché era ovvia una ribellione come un sol uomo, l’homo liberalis che rompe le catene della censura e dell’autocensura, di fronte a quel che succede, invece nulla. Certo, non è facile trovare chi sia disposto a bere la cicuta pur di difendere la propria e l’altrui libertà di espressione, ma contro ogni tipo di censura, diretta e indiretta, non sono mancati negli ultimi anni i girotondi, i digiuni, gli appelli, i controappelli, le lectio magistralis. Adesso invece non si trova quasi nessuno pronto a ricordare il primo emendamento della Costituzione americana, l’articolo 21 della nostra, la Magna carta, pur di ricordare, illuministicamente, che tutto inizia con il verbo. Anche per noi laici no?, almeno così ci hanno insegnato per anni: tutto inizia con la libertà di pensiero e di parola. Invece ora tocca, a noi allievi laici, vedere che resta soltanto il Papa professore a difendere quell’inizio, il principio di quel cammino verso la libertà che prende avvio dalla più intima delle caratteristiche dell’individuo, il pensiero, e continua – secondo passo – nella sua prima manifestazione sociale, la parola? Come si fa poi a dialogare se non possiamo parlare? Se io non ho libertà di pensiero e di parola, come posso dialogare con chicchessia? Se la mia parola ottiene in risposta rivolte, uccisioni, violenza, non è già questa la dimostrazione dell’impossibilità di un dialogo sincero? segue

18 settembre 2006

World is a dangerous place, but I feel safe here.

Go. Last exit. Save you. Così, tre pezzi senza fiato per dire: siamo tornati. Due ore brucianti. Ognuno aveva la sensazione di essere da solo con Eddie e compagni. E’ stato un abbraccio lungo due ore, come rivedere vecchi amici dopo una vita, poteva anche non esserci musica, bastavano loro, bastava vederli vivi lì su un palco.

Ma la musica c’è stata. Perfetti, un tiro violento. Matt alla batteria ci ha piazzato anche un solo. Non ha mai perso un colpo, da quando c’è lui gira tutto a meraviglia: sembra un carro armato lanciato, ma quando è il momento ha la delicatezza e la grazia di un omone con i suoi bambini. Alla sua sinistra, my love, Stone. Pacato e indispensabile. Una chitarra via l’altra per mettere gli accenti dove mancano. L’unico rockettaro del mondo che suona senza fare una piega, accompagna la sua mano destra con i movimenti della testa, più la musica tira meno muove le mani, perchè le muove solo dove serve, solo nel momento giusto, quello che fa saltare la gente.
Dall’altra parte del palco Mike. La sua Strato consumata e i suoi soli, sempre quelli, ma che alla fine, quando da solo sul palco ci saluta con Yellow Ledbetter non gli si tolgono gli occhi di dosso.
Mike e Stone avevano alle loro spalle una sfilza Fender Deville che sa Dio solo come suonavano. Mike i suoi li buttava dentro casse Marshall che avrebbero fatto tremare un esercito.

In mezzo a loro Jeff: l’aspetto da surfista ragazzino che saltava come si faceva una volta, girando in aria e ricadendo sull’accento, non mancandolo mai. Il suono del basso dovrebbe essere così: pulito, caldo ma mai troppo presente, senza quel fastidioso duuuu-duuuu che fa vibrare il petto.

E poi Eddie. Capelli lunghi e barba, com’era quando 15 anni fa hanno iniziato un nuovo capitolo della storia del rock’n’roll. Pantaloncini corti e in piedi sulle casse. Mi sembrava di essere al loolapalooza nel ’92, che non ci sono mai stato ma l’ho pensato tanto che è come se lo fossi. Quando erano tutti sulllo stesso palco, con Chris, Layne (in lovin memory) e tutti gli altri che mi hanno fatto amare la musica.
Come allora la sua voce penetrava ovunque, sembrava il forum non riuscisse a contenerla.
La sua voce come il suo mood lo hanno fatto amare più di ogni altro. Il suo profondo rispetto per i fan.

Ha letto una cosa scritta in italiano: incespicando ha detto che sono stati troppi sei anni senza di noi, senza il pubblico italiano che ama, senza il pubblico di Milano, che è il più intonato i tutti e che loro ci hanno sempre pensato in questi anni. E non è retorico, no. Perchè alla fine di Black, finita la musica, abbiamo continuato a cantare, ancora e ancora, e loro ci hanno applaudito mentre cantavamo e Ed aveva le mani sulla testa dallo stupore, che poi le ha spostate sugli occhi per la commozione. Dopo, per una attimo, iniziando Crazy Mary, aveva la voce spezzata. E alla fine di Crazy Mary eravamo noi, migliaia, con la voce spezzata.

Questo e molto altro sono i Pearl Jam. Diventati eroi in punta di piedi, solo scrivendo pezzi che hanno conquistato il mondo, mantenendo l’aspetto della band di tuoi amici. Dopo un concerto dei Pearl Jam nessun altro sarà uguale.
L’intensità a stecca dall’inizio: se smettevo un attimo di cantare a squarcia gola e ascoltavo il pezzo, i suoni, guardando le loro facce, pensando alla loro storia, saliva il magone fin dietro gli occhi.
Ho girato il forum, davanti nella calca e in fondo sopra l’area vip: la tensione era la stessa ovunque, sul palco c’erano cinque persone che facevano vibrare chiunque.

Il rock’n’roll è questo qui. Si suona così. C’è chi diceva “sono solo canzonette”. In effetti lo sono, ma queste canzonette fanno saltare sulla sedia. Migliaia di persone all’unisono, abbracciando quei cinque ragazzi sul palco, con Ed che dopo migliaia di live si commuove ancora.

Tutto questo era riassunto in uno striscione, diceva:

"your light made us stars."

14 settembre 2006

visto o sentito XI

Thom Yorke dei Radiohead ha fatto questo disco solista. Mi chiedo: ma ha senso fare un disco da soli che suona come quelli del tuo gruppo? Non è troppo entusiasmante, no? Penso: o si è squagliato il gruppo, e vabbè, oppure vuoi dimostrare che i Radiohead sei tu, o che altro?
Gli intenditori Radiohead diranno che è diversissimo dagli altri ma, in fondo, sappiamo che non è così.
Uno che ha fatto dei dischi diversissimi dal sound della propria band fu quel genio di Jerry Cantrell, chitarra Alice in Chains. Ebbe il senno di fare due dischi orrendi, dimostrando che gli Alice in Chains erano Layne Staley (in lovin' memory). Almeno lì l'operazione era chiara.

Travagli intelletuali

Mai avuta un filo di simpatia per Travaglio: parla sempre delle stesse cose, è noiso e francamente narciso. Crede siano tutti, in fondo, cosìcosì e lui di essere in missione per c.onto di Dio per spiegarci certe cose. Amo i narcisi,
quando sono grandi. Lui non lo è e quindi non lo amo. Il Giornale invece è ridicolo, ma se Filippo Facci tocca così Travaglio, beh, allora ve lo segnalo.


Marco, psst Marco: sono io, ascoltami. Puoi immaginare se capisco il Travaglio di scrivere una rubrica tutti i giorni: sembra facile, certo. Se poi devi scriverla su un quotidiano politicamente orientato (lo è il Giornale, figurarsi l'Unità) c'è il rischio di scagliarsi contro l'avversario con automatismo, soprattutto sotto elezioni. Ecco, di questo volevo parlarti: le elezioni ci sono già state, Marco. Ti giuro: ad aprile. Ha vinto il centrosinistra di un niente, e ora c'è addirittura un governo che è tutto da commentare uno spasso: pacifisti che spediscono eserciti, forcaioli che fanno indulti, comunisti che liberalizzano, Di Pietro che vuole trasformare gli autogrill in case circondariali: c'è un sacco di lavoro, Marco. Quindi attento, perché ieri su l'Unità dev'esserti scivolato per sbaglio un vecchio articolo: inveiva contro Berlusconi e paventava «minacce, anatemi e smargiassate» a margine di due appuntamenti praticamente privati, ti sei persino scagliato contro il Giornale reo d'aver titolato, circa la posizione appunto di Berlusconi sulla missione in Libano, come tutti gli altri giornali: «A nove colonne», hai scritto. Marco, sono sette ormai da anni, sei davvero rimasto un po' indietro, il tempo è passato e il Cavaliere ormai ha più capelli di te.

P.S. Bello il tuo articolo di ieri contro D'Alema, ma perché non l'hai pubblicato su l'Unità, anziché sul tuo sito internet?

10 settembre 2006

Dilungazioni

Repubblica.it riporta il caso di una persona auto-segregata in casa per 26 anni, terrorizzata dalla paura di esere contaminata dai microbi. Un caso particolarmente grave di sindrome ossessiva-compulsiva, almeno sembrerebbe principalmente, con mille altri risvolti, altrettanto drammatici anche per le persone che la conoscevano. Non uno straccio di intervento da parte di un professionista della salute mentale. Nessun tentativo serio di informare chi legge una notizia del genere su cosa possa essere accaduto. Pareri differenti da differenti professionisti, per esempio. Non i soliti narcisi irresponsabili della tv, ma professionisti seri. Per razionalizzare, per informare e ricordare, per esempio, a chi sta male che c'è chi può aiutarlo perche ha passato la vita a studiare, e non negli studi televisivi, per poterlo fare. Sia per pedagogia sia per prevenzione. Per dar speranza a chi ha storie di disagio mentale nella propria vita e per dovere d'informazione.

Sono ancora molte le persone che hanno reazioni scomposte quando dico di studiare psicologia clinica. Tutti sanno tutto, mai una domanda, per poi raccontarti del conoscente psicologo che alla fine è "impazzito". Come se fra gli ingenieri non "impazzisse" nessuno. Come se un medico s'ammalasse di ciò che cura. Sono troppe le persone che liquidano facilmente qualcuno con "matto". Troppe le persone che dei "matti" hanno solo paura o curiosità voyeuristica. Troppo pochi quelli che si rendono conto che un "matto" è una persona che soffre, che ha bisogno d'aiuto. Che credono sia una sconfitta rivolgersi ad un professionista della salute mentale impauriti dalla (falsa) credenza di essere bollati "matti", in realtà perche è ciò che loro fanno con chi "va dallo psicologo". Come fanno i media, lasciando gli utenti senza strumenti per capire: come con i "brutti mali" di una volta: innominabili e inguaribili.

Sui malanni fisici c'è uno straccio (ma straccio) di cultura fra i non addetti ai lavori. L'uomo della strada sa distinguere una radiografia da un esame del sangue. Un infermiere da un primario. Un oncologo da un callista. Una distorsione da un maldipancia. Niente di questo per il disagio mentale: psicologi del lavoro o clinici, psicoterapeuti, psicoanalisti, psichiatri sono tutti sinonimi. I test psicologici sono quelli da spiaggia e quelli seri, come quelli che si facevano prima del militare, sono demenziali. I matti sono matti punto-e-basta, tutti siamo un po' depressi (ma nesuno s'immagina cosa sia la "vera" depressione, tranne chi l'ha vista di persona). La schizofrenia è una cosa che ti fa avere due personalità (non è vero) e per Freud il mondo era fatto di sesso (come per Ramazzotti). L'incoscio sanno tutti cos'è ed è scontato che esista. Si potrebbe continuare in eterno (in proposito consiglio Blandino, "il "parere" dello psicologo", ed. Cortina).

Anche se ancora nessuno sa cosa ci facciamo su questa terra la psicologia è una scienza che progradisce e migliora, come la medicina. E, come la medicina, ogni tanto cura e ogni tanto solo consola, ogni tanto sbaglia e ogni tanto non serve a nulla. E' un grande problema per la nostra cultura avere circhi delle sfortune (spesso risovibili) altrui. Anche se con una coltre di (ipocrita) pietà.
Per certi versi siamo ancora nel medioevo, con "il matto del villaggio" condannato, quando non al carcere, a prendere le pietre in testa dai bambini.

Le pietre oggi sono i commenti omessi o assurdi nei giornali, per strada o in tv della gente comune o del sediciente psico-qualcosa da Vespa. Sono pietre la loro ignoranza colpevole e cinica. Sono pietre la spettacolarizazione di un evento come quello della signora in questione. Cosa interessa alla gente? Perchè allo stesso modo non si riporta, magari sotto la voce "cronaca", la malformazione di un bambino?

Per iniziare a cambiare questo scempio barbarico basterebbe, come si fa con i casi clinici medici, inserire i casi clinici psicologici o psichiatrici sotto la voce "medicina", o meglio, "salute", accompagnando la truce descrizione con il commento di qualcuno, o più d'uno siamo sempre in democrazia, di cui ci si possa fidare. Poi utilizzare gli esperti del primo paragrafo nei media e nelle scuole per educare.

Spesso una delle reazioni provocate da ciò che non si conosce è la paura. E più una cosa ci fa paura, più ci pensiamo. E più ci pensiamo meno ne entriamo in contatto davvero. E meno ne entriamo in contatto e più ci fa paura. Esattamente come i microbi per la signora di cui sopra.

07 settembre 2006

La Corrida

Mi chiedo: ma manca Santoro in tv?
Chiaro che dal punto di vista sindacale vada reintegrato. Ma manca? Ma lo si può reintegrare anche se ha questi capelli?

Chetelodicoaffà

In questo articolo Christian Rocca del Foglio , titolare di Camillo, mannaggia a lui, spiega come le elezioni di mid-term USA, che di fatto sono un referendum sull'operato del Governo, saranno vinte minacciando un'altra guerra.
Così il popolo americano, o meglio il solito 30% del popolo che vota (sulla cui maggioranza si viene eletti quindi il 15% circa del totale degli aventi diritto e ancora meno di tutti i cittadini) sceglierà ancora il Grand Old Party se questo appoggerà (ancora) la mano sulla propria fondina.
Ma è davvero tanto rassicurante avere il mondo a ferro e fuoco?
Ma vi decidete ad andare a votare in massa, così almeno sentiamo l'opinione di tutti?

autocommento: si vabbè, per te è tutto facile...
autocommento II: si vabbè, con gli autocommenti sei la brutta copia di Gago.