GANZFELD

28 gennaio 2008

Pietre miliari.

Lunga intervista al mio amico Stone.
Racconta un nostro pezzo di storia comune.
(tzè)

"In this dialogue Stone Gossard leads us through the story of Pearl Jam's iconic rise, as well as his own experiences in the early grunge scene, long before any of us had ever known what teen spirit actually smelled like. Stone and Ken also discuss the current state of the music industry, some of the key problems it needs to come to terms with, and the role of record labels in the future of music. Stone's story is one that is truly aligned with the essence of Integral Art, which attempts to restore Beauty to it's rightful place within the human condition—emphasizing creativity instead of deconstruction, idealism instead of apathy, depth instead of sensationalism, authenticity instead of irony—and always reflecting the fullest expressions of both artist and audience alike. We hope you can join us in this fascinating exploration of artistic idealism and creative reverie...."
Pearljam.com


24 gennaio 2008

La pillola del giorno prima.



Avvertenza: post lungo, incazzato e tranciant. Acuito dalla situazione del Governo Prodi. Che per la seconda volta, com’ è come non‘ è, non si dimostra in grado di durare. Briganti e cosche che si è stati costretti ad assoldare, tradiscono. Buttando nel cesso il lavoro, anche da me, fatto con pazienza.

L’Italia non è un paese che funziona bene. La colpa è di chi lo abita. Quindi anche di chi lo governa, che possiede un tratto comune: l’appartenere ad una generazione a cui non è stato insegnato ad investire sul futuro.
L’immobilismo generazionale italiano vissuto con tronfia saccenza dalla classe politica sembra reggersi sull’obbiezione per cui il nuovo sarebbe da evitare per la sua mancanza d’esperienza, accontentandosi di un’espressione tautologica quanto meno idiota; una classe dirigente che definisce con un’argomentazione negativa: l’oggetto è definito per quel che non è (la mancanza d’esperienza) e non per quello che dovrebbe essere (dove avrebbero sbagliato i trentenni e i quarantenni d'oggi?).
In particolare in Italia, è evidente come l’esperienza non sia garanzia proprio di nulla.
La mia adesione ai Ds prima e al Pd ora e la mia partecipazione alla vita politica della mia città mi ha mostrato chiaramente ciò di cui parlo. Andrebbe bene anche la televisione, un contenitore di format stranieri acquistati, telegiornali lottizzati e orrende fiction amatoriali, lottizzate anch’esse. O la musica, o il cinema. I giornali? Poco cambia.
Accennerò della traumatogenesi (uso parole correte, stavolta) nelle organizzazioni politiche, ma sia d’esempio per quasi tutte le altre.
Proverò a spiegarmi.
La mia è una città tutto sommato ben amministrata, non lo dico per piaggeria, è vero. Percorsa da una vibrante coscienza politica. Ma nonostante questo il tracollo di partecipazione è evidente e dipende da qualcosa di profondo.
La mia generazione non è gradita.
Coloro che hanno fatto vivere per anni i grandi partiti di massa, hanno deciso di non avere figli, non solo qui dove vivo, in tutto il Paese. Ma in alcuni luoghi la tracotanza d’amore dei padri ne ha generati comunque, ma inattesi. Non è previsto l’aborto in tali casi, perché è il figlio a giungere gia bell’e fatto, firmando una tessera…per esempio.
Userò le parole di un grande psicoanalista passato, Sandor Ferenczi, per proporre un modello esplicativo della situazione. Sono parole barocche non prive di ampollosità lievemente dogmatiche, ma aiutano, chiariscono. Non sono la verità, ma vale la pena leggerle.
Ricordo che in psicoanalisi sessualità e libido hanno un significato più ampio di quello attuale, indicano qualcosa di generatore, di forza vitale, di proposta, di sopravvivenza. Ferenczi scrive dei traumi molto precoci, che sono quelli devastanti, che spengono le funzioni psicologiche:

La cecità dei genitori rispetto alla sessualità infantile depriva il bambino della comprensione circa la natura dei propri impulsi, portandolo a disprezzare la propria sessualità, a non fidarsi dell’ambiente che lo circonda e a mentire perché i suoi vissuti sono assai diversi da quelli dichiarati dai propri amati genitori. Così, l’impianto della cecità introspettiva degli adulti porterà il bambino a negare recisamente qualunque cosa i genitori ricusino. Un’altra possibilità traumatica può essere riscontrata in quei bambini che sono stati accolti freddamente alla loro nascita come ospiti indesiderati, i quali perderebbero il loro desiderio di vivere non a causa di un’incapacità vitale congenita, ma per l’eccessiva precocità con cui si è verificato il trauma. Quando succede questo, il soggetto – anestetizzato e privo di difese – può soltanto identificarsi come vittima con l’aggressore. Poiché nessuna relazione con il mondo esterno è in queste condizioni possibile, l’aggressore viene introiettato e di conseguenza trasformato in un oggetto intrapsichico con cui stabilire una relazione narcisistica.
in "il preverbale e l'ambiente psichico", Borgogno, Ferro.


Questo spiega perché le organizzazioni politiche prediligono coloro che ricercano modelli da imitare. Non cercano il futuro, bensì l’uguale a sé, che gli possa sopravvivere. Non desiderano che i propri figli si realizzino ma desiderano che solo il proprio volto possa continuare, ma solo dopo la propria morte fisica. Non prima. Il ritratto di Dorian Gray al contrario.
E questo non funziona, non è un modello sostenibile, come il Paese che governano.
Riferendomi alla letteratura psicoanalitica ed in più generale psicoterapeutica, non è dunque mio interesse la ricerca delle colpe e la loro collocazione. L’individuazione di un modello esplicativo coerente, è più che sufficiente. Delle colpe d’un figlio identificato, un po’ moscio di suo magari, non mi interessa.

L’obbiettivo non è l’abbandono delle persone maggiori di 55 anni su iceberg alla deriva, ma è la possibilità di lavorare ed amare (le funzioni che una persona libera da nevrosi secondo Freud dovrebbe poter esercitare) in un sistema in cui è percepibile lo scorrere costruttivo del tempo, vettoriale, e non scalare, imprigionato in una serie ciclica uguale a sé stessa ed infinita di numeri, come le lancette dell’orologio. E qui non è così.
Ho 25 anni e ho già perso tempo. Ne ho perso di mio, ma di più ne ho perso per colpe non mie. Peggio: per privilegi altrui. Un altro esempio, questa volta la politica passa nelle alternative: Al liceo, dove un privilegiato, arrogante e poco aggiornato corpo docenti impone tempistiche prolisse che gli permettano di giustificare, in ore almeno, il proprio stipendio, intoccabile: si lavora dopo essere pagati. Ed una volta pagati, nessuno controlla. Procedimento ribaltato. Persone che generano padri al posto che figli. All’università, dove burocrati spietati tengono bordone alle baronie che posso ormai solo vendere libri ai propri studenti, costretti a leggere e rileggere la trovata trita e ritrita dell’accademico. Di eccezioni ne ho incontrate in entrambi i periodi, hanno la mia gratitudine, ma sono eccezioni. La professionalità che ho acquisito è anche merito loro, certo. Anche, e mi sono stati chiesti molti soldi e troppo tempo, però. E non mi saranno restituiti nello stage sottopagato in cui mi assumeranno, se lo faranno.

Severgnini scrive nel suo ultimo libro sull’Italiano che in Italia il congiuntivo starebbe scomparendo, perché nessuno dubita più. Ha ragione: le corporazioni (i taxi, coloro che non lasciano spazio per nessun'altro, chi altro volete voi) non dubitano di avere un futuro. Sono convinte di non averlo.
Gran parte dell’eccellenza italiana è in realtà lo standard all’estero (gli esempi di prima vanno benissimo) e la vera eccellenza (nella ricerca, nelle arti) trova rifugio e vita solo all’estero: perché è il seme della sopravvivenza della specie, che qui, è sacrificato alla sopravvivenza propria.

Ne scrivo, perché ancora un po’ di passione mi è rimasta.
Ma usare parole come “ancora” e “rimasta” a 25 anni, facendo spesso cose in cui sono lasciato solo dai coetanei e dai loro padri intenti al management, non è un buon segno.
Ma sopravvivrò.

16 gennaio 2008

The Truth

Il problema è quando uno così ha anche molti soldi.

15 gennaio 2008

Guerrette

Il papa andrà alla Sapienza di Roma. Sarà contestato.
Penso: una frattura trasversale correrà tra destra e sinistra, dal bordo si sbracceranno omini e poche argomentazioni e "maledetti" sarà la sintesi delle ingiurie che si rimpalleranno l'un l'altro.
Basta leggere i post precedenti per intuire la mia estraneità alla fede. E per lo stesso motivo mi è sempre parso che l'anticlericalismo fosse come la religione: in salsa diversa - cieco uguale.
Laicità non è assenza di qualcuno, ma presenza di tutti.

Volevo scrivere di questo, poi ho letto Adriano Sofri e ve lo incollo di seguito.

"Se l'inaugurazione dell'anno accademico alla Sapienza di Roma fosse stata solennemente affidata a una lezione di Benedetto XVI, avremmo assistito a una meravigliosa cerimonia medievale in costume. Se la visita di Benedetto XVI alla Sapienza nel giorno dell'inaugurazione dell'anno accademico fosse impedita o cancellata, assisteremmo a una meravigliosa recita di ottocentismo postmoderno.
In questa vicenda tanto romana, o almanco italiana, si è tentati per una volta di evocare la formula vietissima degli opposti estremismi, e comunque di un gioco di specchi. All'origine della Sapienza romana, si sente rivendicare, c'è la Bolla del 1303 di Bonifacio VIII. In verità, tutte le grandi università storiche (prima della odierna proliferazione, alla quale può bastare il segretario di un sottosegretario) ebbero origine da una Bolla papale, salva Bologna, che ebbe una nascita più laica e popolare, e Carducci ne fissò l'anno al 1088 solo per una convenienza municipale, incertezza che, si è osservato maliziosamente, consente alle autorità di protrarne le celebrazioni anniversarie a piacere. Dall'altra parte, si rinfaccia alla Chiesa la condanna di Galileo - 1633; o una frase dell'attuale pontefice pronunciata, a giustificazione del processo a Galileo, nel 1990. Ora, si potrebbe avvertire gli uni e gli altri che il 1303 è piuttosto lontano, e il 1633 anche, e lo stesso 1990 non è poi così vicino da farne una ragione di estradizione del Papa dall'università, che si chiama così perché vuol essere laicamente universale, e aperta a tutti.
Un ulteriore paradosso fa sì che il giudizio dell'allora, nel 1990, cardinale Ratzinger fosse contenuto in una citazione di Paul Feyerabend, estratta lei stessa dal contesto; e Feyerabend è, nella filosofia della scienza, un esempio spinto di anarchia relativista, polemico con la sicurezza scientista per le ragioni opposte a quelle di un Papa in generale e di questo Papa in particolare. Affidare l'inaugurazione dell'anno accademico a un Papa in generale, e a questo Papa in particolare, era suppergiù come incaricare un professore di fisica delle particelle di cantar messa in Vaticano la notte di Natale. Insorgere contro l'ingresso del Papa alla Sapienza è suppergiù come scambiare Benedetto XVI per Luciano Lama, e il 2008 per il 1977, o il 1870.
La Sapienza romana accolse già Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ma quelli erano meno oscurantisti di questo, si dirà. Può darsi, ma l'invito rivolto da una pubblica istituzione non distingue fra questo e quel Papa, se non nel merito, nel dialogo e nella discussione. Giovanni Paolo II, si dirà, era soprattutto pastore, questo resta dopotutto professore, dunque più irritante il suo razionalismo fideista agli occhi di colleghi e studenti: ma resta il fatto che di fede e ragione, come di tutto, la cosa migliore è discutere, a casa propria e altrui, e nelle pubbliche aule e piazze, tanto più quando le piazze non vogliano più, e comunque non possano, essere usate per metterci al rogo i frati di genio.
Nel settembre del 1989 Karol Wojtyla, in visita pastorale alla diocesi di Pisa, fu ospite della Sapienza della città in cui nacque Galileo, e insegnò da giovane. Fin dal suo arrivo in città ricordò la grandezza di Galileo, e nell'aula magna della Sapienza improvvisò un bel discorso dei suoi sulla grandezza e la responsabilità della scienza. Il 2009 è stato dichiarato, in memoria delle prime osservazioni che avrebbero condotto alla dimostrazione della concezione copernicana, anno galileiano, e in Parlamento aspetta una legge che dovrebbe patrocinarne lo svolgimento a Pisa, Padova e Firenze: c'è da sperare che l'aria che tira non faccia derivare questa felice circostanza verso una guerretta di religione e scienza. Nel primo ‘900 fu l'arcivescovo cardinal Maffi, astronomo anche lui, a proporre di erigere a Pisa un monumento pubblico a Galileo. Quando Giovanni Paolo II visitò la Sapienza, uno studioso come Adriano Prosperi non si sognò di formulare obiezioni, e piuttosto raccomandò di aprire finalmente l'archivio del Sant'Uffizio, raccomandazione già rivolta da Carlo Ginzburg, e finalmente accolta. Non sarebbe male se, accogliendo calorosamente o solo cortesemente Benedetto XVI, come si deve, gli si rivolgesse una raccomandazione sulla Biblioteca Vaticana chiusa per almeno tre anni, nella costernazione degli studiosi del mondo intero.
Io non saprei mai obiettare all'invito al Papa ad ascoltare e dire la sua in qualunque assemblea italiana, dopo aver auspicato che Giovanni Paolo II lo facesse alle Camere riunite e addirittura che parlasse lì di un tema che mi stava specialmente a cuore, e riguardava la responsabilità dello Stato italiano. Dalle carceri italiane partì allora una cartolina che portava stampata la frase: "Di' soltanto una parola". La questione, coi Papi come con ogni altra persona, è infatti questa: quale parola. Non il luogo, la cattedra o il marciapiede, dal quale viene pronunciata.
La discussione fra fede e scienza, e la demarcazione dei rispettivi territori, e il confronto di ambedue col potere, sono la cosa più seria di questo mondo, a condizione di avvenire, e non di essere reciprocamente elusi o peggio interdetti. Tra i docenti firmatari dell'appello contro la visita del Papa alla Sapienza figurano nomi dei più autorevoli e liberi scienziati italiani, persone di cui ciascuno di noi dovrebbe sentirsi responsabilmente scolaro. Che si siano sentiti tenuti a obiettare all'ospitalità fatta al Papa dentro la loro università è un segno di debolezza, o di forza, che è lo stesso. Forse la Chiesa dovrebbe esserne meno sorpresa di tutti, e chiedersi quanto le tentazioni di censura o di proibizionismi anticlericali debbano al suo proprio oltranzismo. Dopotutto, Galileo è lontano e benedetta la sua memoria, ma la lezione di amministrazione urbana impartita dal Papa, magari per penna interposta, al sindaco di Roma è affare dell'altro giorno"

Repubblica.

10 gennaio 2008

Nadir do it better

Secondo il corriere i NADIR (la mia band - una delle...in realtà) sono fra i migliori del mondo.

Sto parlando d'inquinamento, eh, non s'era capito?

05 gennaio 2008

la (bella) vita è bella, eh?

il bullismo in nome di dio con me non và. Non sono battezzato: per cui sono estraneo, ma proprio estraneo. Non anticlericale: non mi definisco con l'opposto di qualcosa...ne son estraneo. La religione non mi convince. Le sue risposte non mi aiutano.
Le rispetto, come qualsiasi cosa altrui che non mi costringa a non farlo imponendomi qualcosa che non condivido.Capita di sentirmi in dovere di farlo (rispetto il governo che non ho votato perché lo ha fatto la maggioranza dei compaesani...).

Non la faccio lunga. Matteo Bordone unisce logicamente quello che ultimamente mi è mosso in testa: i difensori della famiglia che si credono i più strenui, hanno deciso di non averla. Loro, la famiglia, non la vogliono. I preti spiegano le donne alle donne e l'ultima nuda che han visto è loro madre, forse. La vita è sacra finché non si chiama bambino-con-qualunque-faccia-di-qualunque-posto. La destra ama la vita finché è propria, perché quella degli altri, bhè, mia non è, s'arrangino...a meno di non metterci sopra un mio cappello ideologico, facendo fare quel che io dico imponendo una mia volontà. Perché poi, e vi sfido a negarlo, ad una donna sola, immigrata, badante per esempio, che non abortisce, molti di quelli-che-amano-la-vita spiegano che i soldi per il nido di quel
bambino, loro, non li pagano.

Ecco: Matteo Bordone elenca tutto questo, con senso compiuto.


04 gennaio 2008

Il mio augurio.

...La religione non ha ormai più scusanti. Grazie al telescopio e al microscopio, non fornisce più alcuna spiegazione di qualche importanza.[...] E' filosofia fossile. Di fronte ai primi impensabili sguardi sull'interno della nostra corteccia in evoluzione, sui più remoti punti dell'universo conosciuto e sulle proteine e gli acidi che costituiscono la nostra natura, la religione offre o l'annullamento in nome di dio, oppure la falsa promessa che se interveniamo col coltello sul nostro prepuzio o preghiamo nella giusta direzione o ingeriamo pezzi di cialda saremo "salvi".[...]
Abbiamo bisogno di un rinnovato illuminismo, per il quale l'autentico studio dell'umanità siano l'uomo e la donna.

Christopher Hitchens, "Dio non è grande", pag. 270.