GANZFELD

02 luglio 2009

L'ombrello e l'impermeabile.

Negli ultimi 15 anni in Europa si sono succeduti leader di partito e premier, tranne in Italia.


Angela Merkel fu eletta nel 1990 nel Bundestag a 36 anni; 15 anni dopo, nel 2005, diventò premier, dopo esser stata due volte ministro. Kohl, Schauble, Schroder, importanti personalità degli ultimi anni in Germania, non sono più in prima linea.

In Francia: Chirac, Raffarin, De Villepin non sono personalità ancora alla ricerca del comando. Hollande divenne deputato a 34 anni e a 54 anni divenne segretario del PS, la Royale, sua compagna (sono uniti da un PACS), ministro nel 92 a 39 anni e a 55 una credibile candidata all’Eliseo.

Lo stesso si potrebbe dire per i passati premier inglesi, Blair su tutti - eletto tre volte di fila - ed anche per gli americani: i presidenti cambiano, democratici o repubblicani, e cambiano i partiti.


Francia, Germania, Inghilterra sono paesi europei grossi e complessi, ma che, in linea generale, ritengo siano meglio amministrati che l’Italia.

Basta leggere su Wikipedia le biografia dei premier, dei partiti e dei loro massimi esponenti per comprendere come mediamente vi siano carriere più rapide, una certa sensibilità alla sconfitta ed anche dopo la vittoria, e diversi anni di governo, una tendenza a ritirarsi. Non a sparire. La loro influenza sono certo rimanga importante, ma probabilmente modulata in modo da diventare esperienza a cui attingere per i nuovi, più o meno, e memoria storica.


In Italia dal 1990 non sono comparsi nuovi nomi importanti. A parte Berlusconi, contornato però di vecchi trafficoni che ben conoscono i palazzi e i loro guai. Un altro elemento, sempre wikipedia, è come i brillanti trentenni europei, che vent'anni dopo avrebbero corso per il premierato, siano stati notati e coltivati dai loro “grandi” predecessori. Un sistema filiale tutto sommato non nuovo in Natura.


La sensibilità alla sconfitta in Italia non esiste. Non vuol essere la solita retorica “spostatevi vecchi”, ma un placido ragionamento meritocratico. Sono vent'anni che a Sinistra si mantengono sostanzialmente le posizioni acquisite e non si è riusciti a fare un partito decente. Le ragioni sono affrontate in fiumi di libri e parole, ma il partito non c’è. Manca.


Possiamo dire che il percorso progressista italiano dal 1990 sia stato un successo? io credo di no.

Mi pare vi sia un certo, per quanto macchinoso ed impreciso, sistema permeabile negli altri paesi europei, fra generazioni e persone.

Fare il premier non è facile. Fare il deputato però non è più difficile che fare il chirurgo, dai. Ed è certo più difficile campare con 800€ al mese, questo sì.


Non so se voterò per il segretario del PD. Un Governo senza Bersani non lo immagino. Sarebbe stato un buon segretario DS: era un partito molto anziano, pigro e senza motivazione evolutiva, ma era un partito con una linea, pragmatica, credibile, utile e di sinistra. Mi resi conto di quanto non potesse continuare però senza evolvere, per quello sostenni il PD. Sostenni Veltroni, super DS, e sbagliai. Guarda caso il suo più giovane e deciso vice sta facendo meglio. Ma non bene.


L’obiezione è la solita: ma se non lui, chi altro c’è?

La giro, per il momento, pensando: ma senza il mio voto, come potrete dirlo ancora per 10 anni?


Forse non voterò, forse si.

Chissà.